La mia matita rossa |
Interno giorno: un tavolo, un pc, una sedia una lampada.
Lei seduta di spalle picchia con tutte le sue forze sui tasti della macchina da scrivere. Scrive e pensa. I suoi pensieri si fanno parole.
“Certo è così: giochi con me come fosse marionetta nelle tue mani; muovi i fili, ora rapido, ora lento, tiri, stringi, accavalli, non smetti mai e io seguo questo folle ritmo.
Credo che a volte tu riesca anche a muovere le mie labbra, non è più il mio cervello che muove le mie azioni e le mie parole sei tu, misterioso burattinaio.
Fili di ragnatela, predisposti, tessuti con cura ad uno ad uno, scacchiera invisibile sulla nostra vita. Muovi il pedone e tutto cambia.
Un giorno il burattinaio è crudele, un giorno giocoso, dannato, dolente, insolente. Ti fa versare lacrime, ti fa ridere, ti spezza il cuore, ti distrugge i pensieri.
Maledetta me, tiro i fili fino a farmi male, li tendo li strappo, li ricucio, non scappo.
Ora sto qui, imbratto di inchiostro questi fogli inseguendo un dolore.
Potrei essere ovunque ma sto qui, questi maledetti fili mi tengono qui legata al ricordi di chi non ti pensa, in fondo non ti ha mai pensato.
Certo pigio sui tasti e inondo la stanza di rumore, inondo il foglio di parole e di lacrime.
Tac, tac, tac, ritmo scandito dal nulla, parole vuote su un foglio bianco e la mente che annaspa alla ricerca di immagini e di occhi.
Nulla mi importa burattinaio se non ritrovare un ricordo. Non stringere i fili, mi fai male, ma nulla puoi fare io cerco, anelo, altro non voglio.
Maledetta me e maledetto questo filo indistruttibile su un foglio bianco.”
Il ticchettio diminuisce, la luce si spegne, la donna china la testa sul foglio. Silenzio e buio.