domenica 15 settembre 2019

Fili

La mia matita rossa
Interno giorno:  un tavolo, un pc,  una sedia una lampada. 
Lei seduta di spalle picchia con tutte le sue forze sui tasti della macchina da scrivere. Scrive e pensa. I suoi pensieri si fanno parole.

“Certo è così: giochi con me come fosse marionetta nelle tue mani; muovi i fili, ora rapido, ora lento, tiri, stringi, accavalli, non smetti mai e io seguo questo folle ritmo. 
Credo che a volte tu riesca anche a muovere le mie labbra, non è più il mio cervello che muove le mie azioni e le mie parole sei tu, misterioso burattinaio.
Fili di ragnatela, predisposti, tessuti con cura ad uno ad uno, scacchiera invisibile sulla nostra vita. Muovi il pedone e tutto cambia.
Un giorno il burattinaio è crudele, un giorno giocoso, dannato, dolente, insolente. Ti fa versare lacrime, ti fa ridere, ti spezza il cuore, ti distrugge i pensieri. 
Maledetta me, tiro i fili fino a farmi male, li tendo li strappo, li ricucio, non scappo. 
Ora sto qui, imbratto di inchiostro questi fogli inseguendo un dolore. 
Potrei essere ovunque ma sto qui, questi maledetti fili mi tengono qui legata al ricordi di chi non ti pensa, in fondo non ti ha mai pensato.
Certo pigio sui tasti e inondo la stanza di rumore, inondo il foglio di parole e di lacrime.
Tac, tac, tac, ritmo scandito dal nulla, parole vuote su un foglio bianco e la mente che annaspa alla ricerca di immagini e di occhi.
Nulla mi importa burattinaio se non ritrovare un ricordo. Non stringere i fili, mi fai male, ma nulla puoi fare io cerco, anelo, altro non voglio.
Maledetta me e maledetto questo filo indistruttibile su un foglio bianco.”


Il ticchettio diminuisce, la luce si spegne, la donna china la testa sul foglio. Silenzio e buio.

giovedì 4 luglio 2019

Museo della Fotografia  - Stoccolma - by Paola 
Un’altra volta. 
ricomincio un’altra volta.
Ricomincio a riempire le pagine bianche 
contando gli anni, i mesi, i giorni, 
le notti – soprattutto le notti.
Quale notti in cui ascoltando il tuono è forte il desiderio di bufera,
e  ad una striscia di di cielo di rosso accesa
associo un cuore in fiamme.
E ciò accadrà un'altra volta, ancora un'altra volte  
e camminerò alla ricerca di un riparo
calpestando passo dopo passo la mia ombra





domenica 4 novembre 2018

Consapevolezza e dolore

Consapevolezza di un dolore - by Paola - 
Soldato 4321 

(Interno giorno una lampada, una branda un piccolo tavolino su cui poggia una lanterna da campo e una pistola 
Dal lato destro entra illuminato da un raggio di luce un soldato, trascina i piedi è bagnato, si sente un rumore di pioggia 
Il soldato prima borbotta piano frasi incomprensibili, si siede sulla branda e inizia con tono incalzate la sua riflessione.) 

“Signorsì Signore: pronto ad eseguire gli ordini. 
Signorsì Signore: sempre e comunque. 
Signorsì Signore: difendere, difendere. 
Signorsì Signore: soldato 4321 presente. 
Signorsì Signore: per amore della patria. Patria. Patria. Patria. La mia Patria.
Signorsì Signore: la patria, l’amore, le armi, la guerra  (urlando) Uccidere per questo.
Signorsì Signore: nessuno dubbio è una guerra giusta.
Partii in un giorno di gennaio, convinto, con petto fiero, un orgoglio fottuto, un fucile in spalla. 
Cazzo faceva freddo a gennaio ma io ci andai in guerra; cazzo se ci andai
Ci andai camminando e ripetendo: la patria, l’onore, Dio, la fede.

E poi mi dicevano uccidiamo il nemico, solo il nemico, non facciamo male alla gente. Chi è poi la gente in guerra? Sono tutti nemici gli altri e io sono il nemico per loro.

"Soldato 4321 questo e il tuo posto" - mi urlarono quel giorno -  cazzo, non avevo mai visto una trincea, uomini lerci, puzza di morte di merda e di vomito.

Ordini precisi. Signorsì Signore! Sparai quel giorno: -“A morte il nemico” -era l’ordine.
Sangue e ancora sangue. Soldato 4321: “Spara. Spara. Spara.”

Al ritorno sarai un eroe, mi promisero e io sparai e sparai e sparai. 
Fiamme, fumo rumore assordante, non facevo male alla gente. No, sparavo al nemico, io
No! Non sparavo alla gente,  ma allora chi urlava tra gli spari, le fiamme il fumo?  
Perché quelle urla mi si cucivano addosso attimo dopo attimo, giorno dopo giorno.
Le sentivo sulla pelle, dentro la pelle, nel cuore. 
O se solo….Oh cazzo! 

Uscii dalla trincea mi diressi all’inferno a un passo da me le urla; -“Grida del Nemico”- qualcuno avrebbe detto. Erano le grida di un uomo, occhi negli occhi, terrore nel terrore, il nemico, la gente, io

“Gli ordini non si discutono, soldato 4321, ricorda la patria, l’amore, l’onore”

Non vi è distinzione siamo tutti nemici, cazzo!

Non vi era più tempo, più spazio più luogo, spari, solo spari e puzza di morte di paura.

Spari e ancora spari, cado, il sangue è caldo, tanto caldo, mi abbraccia.

Col nemico ci ho fatto l’amore quel giorno io.
Un’anima, un onore una patria:  quella della gente.

E ora qua in questa tenda sento le urla, il dolore non si placa, l’odore del sangue mi rimane addosso, giorno, dopo giorno, dopo giorno.

( Il soldato si alza, afferra la pistola, buio totale) 

Soldato 4321 Zero agli ordini! (urlando) Signorsì Signore: Io uccido. Io uccido il nemico: me! 


(nel buio si sente un colpo di pistola , il soldato si accascia a terra, il rumore di pioggia aumenta) 

mercoledì 1 agosto 2018

Occhi persi

Ritorno a scrivere 


Marta lavora in un bar, tra il rumore delle tazzine, l’odore del caffè e le mani screpolate sotto il filo di acqua gelida del lavello. Marta è precisa nel suo lavoro, odia la sporcizia tiene il bancone pulito, passa la spugna, più volte, ritmicamente.
Marta parla poco, sorride ma non dà confidenza ai clienti: il lavoro è lavoro, lei la pensa così.
Un pomeriggio entra un ragazzo nel bar, volto stanco, occhi persi…Marta lo osserva aspetta una sua parola non gli chiede nulla. Con le mani nervose si  liscia il grembiule e aspetta. 
Il ragazzo occhi persi si avvicina al bancone, vi si appoggia in un gesto spavaldo ma goffo.
Il suo sorriso è come una porta aperta, una porta per cui puoi  comprare un biglietto e provare ad entrare anche se sai che non lo dovresti fare, anche se è tardi, anche se vorresti servirgli un caffè, voltarti e iniziare a pulire quel bancone sempre sporco.   
Marta immagina un filo in quello sguardo lo prende, lo arrotola bene bene, lo fa suo.
Perché Marta sa che c’è un solo sguardo, uno solo che cambia le cose. È un istante, un attimo, un’indefinibile microscopica quantità di tempo che cambia tutto, pone un nuovo inizio.
“Un caffè”- disse occhi persi - e per Marta tutto cambiò.

venerdì 20 aprile 2018

Parole

Dal finestrino di un treno -by Paola

Cerchiamo parole per ancorarci 
a destini a cui non possiamo sottrarci. 
Diciamo parole per non mancarci, 
per soffocare il desiderio di stringersi.

sabato 7 aprile 2018

Un'idea

Risvegli - by Paola

A noi si addice 
l'emozione
della curiosità, 
il turbamento
della tenerezza, 
il desiderio 
della scoperta.

venerdì 21 luglio 2017

Il fantasma senza ombrello

Stoccolma - Skinnarviksberget - by Paola

Grigi e neri nuvoloni,
vento, pioggia,lampi e tuoni
il fantasma alza il naso
e si accorge un po’ per caso 
che uscendo dal castello  
è rimasto senza ombrello.

Corre, scappa, scappa e corre
finché vede là una torre
dalla torre fa cù-cù
e poi cade a testa in giù!
E' caduto in un fossato
e il lenzuolo ha un po’ bagnato
avrà preso il raffreddore 
ma non c'è nessun dottore.

Il fantasma solo, solo,
soffia il naso nel lenzuolo,
batte i denti, trema assai 
non si fermerebbe mai.
Tutto a un tratto spunta il sole 
e passato è il raffreddore 
il fantasma senza ombrello
può tornare al suo castello.