Ritorno a scrivere |
Marta lavora in un bar, tra il rumore delle tazzine, l’odore del caffè e le mani screpolate sotto il filo di acqua gelida del lavello. Marta è precisa nel suo lavoro, odia la sporcizia tiene il bancone pulito, passa la spugna, più volte, ritmicamente.
Marta parla poco, sorride ma non dà confidenza ai clienti: il lavoro è lavoro, lei la pensa così.
Un pomeriggio entra un ragazzo nel bar, volto stanco, occhi persi…Marta lo osserva aspetta una sua parola non gli chiede nulla. Con le mani nervose si liscia il grembiule e aspetta.
Il ragazzo occhi persi si avvicina al bancone, vi si appoggia in un gesto spavaldo ma goffo.
Il suo sorriso è come una porta aperta, una porta per cui puoi comprare un biglietto e provare ad entrare anche se sai che non lo dovresti fare, anche se è tardi, anche se vorresti servirgli un caffè, voltarti e iniziare a pulire quel bancone sempre sporco.
Marta immagina un filo in quello sguardo lo prende, lo arrotola bene bene, lo fa suo.
Perché Marta sa che c’è un solo sguardo, uno solo che cambia le cose. È un istante, un attimo, un’indefinibile microscopica quantità di tempo che cambia tutto, pone un nuovo inizio.
“Un caffè”- disse occhi persi - e per Marta tutto cambiò.